MAESOTERICA

 

Le premonizioni escatologiche d’un Maesoterico

The Eschatological Premonitions of a Maesoteric

Cuberli quello delle lumache. Cuberli quello delle carte vetrate .Cuberli quello dei tappi. Cuberli quello dei totem. Cuberli quello dei rullini fotografici. Cuberli quello delle New York. Cuberli quello delle fosforescenze. Cuberli quello dei simboli esoterici. Cuberli quello dei giochi di parole. Cuberli quello dei… …ma quanti Cuberli? “Per fortuna -risponde l’artista, con la sua usuale verve ironico flemmatica- di Graziano Cuberli maesoterista, che io sappia, ce n’è uno solo, il che basta e avanza… Sul fatto che io lavori su più piani e su più obiettivi non c’è da stupirsi, dato che ogni opera contiene il seme, il presupposto dell’opera successiva, la quale, nutritasi dell’esperienza della precedente, cresce e si sviluppa spesso mutando in nuove forme evolutive, senza sosta ma anche senza forzature. L’applicazione costante sviluppa connessioni, aguzzando al contempo la sensibilità e l’intuizione, la capacità di cogliere i suggerimenti che ad ogni piè sospinto il mondo dispensa, sempre che si sia ricettivi nel farli propri”

Com’è nell’abitudine dell’artista di Romans d’Isonzo, egli ama giocare sul filo del vedo e non ti vedo, in un atteggiamento che è si di grande coerenza operativa, eppure impalpabilmente sfuggente, di quell’ineffabilità sorniona e gioconda dove tutto quadra a tal punto da non far mai combaciare il risultato finale con la somma di tutti gli addendi. Ciò perché Cuberli ama insinuarsi tra le tante, troppe aporie della vita e del mondo. Spiega Cuberli: “Cosiccome non vado alla ricerca dell’ispirazione, tantomeno lo faccio nei confronti di tutte le aberrazioni del nostro magnifico quanto triste mondo; in mezzo alle storture viviamo, scontrandoci con esse mille volte al giorno, in conseguenza d’ogni nostra azione, d’ogni nostra necessità: le mie esternazioni creative ne sono le figlie naturali, anche se poi, per me, hanno finito con l’assumere un valore di tipo apotropaico, una sorta di scudo lenitivo che per mezzo del germe del male, scaccia il male stesso, o per lo meno tende a circoscriverlo

Prendiamo il caso specifico dei miei tappi (il ciclo denominato non a caso Oltre l’apertura); chi non ha mai stappato una bottiglia di spumante o comunque di vino? Una delle azioni più usuali in ogni parte del mondo… ma quante le motivazioni di tale gesto! Quanti i risvolti, reconditi o palesi, felici o disperati! La gioia di una promozione sul lavoro, della nascita di un erede, ma pure la sofferenza dell’etilista, la prassi solitaria del depresso, le bravate di una gioventù filmicamente invasata e tantissime altre cose, tutte ascrivibili ad un unico, semplice gesto, ad un rituale spesso gravido di conseguenze talvolta funeste e tragiche. Eppure è tutto lì: una gabbietta, un tappo, una bottiglia…ed i destini s’incastrano in un gioco di causa ed effetti mai prevedibili o valutabili nella loro vastità”

Ogni tappo con un suo proprio destino, scaturito da un presupposto ed agglomerato di tanti altri, in una condizione di apparente e reale eguaglianza oggettiva. “Se potessero esprimersi -aggiunge Cuberli- potrebbero ben narrarci del perché sono stati privati della loro funzione naturale e gettati nel cestino delle immondizie. Il più delle volte, presumibilmente, ne sentiremmo delle belle!”

Oltre a ciò, va sottolineato l’interesse di Cuberli per le bottiglie in quanto contenitori di ciò che è più indispensabile all’umanità intera, ossia l’acqua, il liquido che compone in massima percentuale tutto ciò che è organico, che vive ed esiste. “Mi ha sempre fatto specie -sottolinea Cuberli- che gran parte dell’acqua minerale posta e commercializzata sui nostri mercati, sia veicolata attraverso le confezioni di plastica, i cui effetti sulla nostra salute sono sotto gli occhi di tutti: ma ogni contraddizione, quando diviene abitudine collettiva, viene accettata come un dato di fatto. Cionondimeno rimane l’aberrazione di base, dove l’elemento basilare, vitale, viene rinchiuso in uno dei simboli più tristi dei nostri giorni! Sono convinto che in un improbabile, lontano futuro, la nostra epoca potrebbe benissimo essere ricordata come l’età della plastica”. I vuoti d’autore ne sono la naturale conseguenza, ormai colmi solo della povertà del materiale che li caratterizza, accartocciati nella loro indeterminatezza e magari posti in compagnia d’un altro sinistro vessillo dei nostri tempi, il silicone

“Per quanto riguarda il vetro -aggiunge l’artista- è un elemento che amo e rispetto e vorrei affrontarlo molto presto onde constatare cosa ne potrebbe sortire se lo ponessi in fusione, liquefatto e forgiato dal caso, anche per concludere in maniera definitiva la mia personale ricognizione attorno a tutti i componenti della stappatura”

Di passo in passo Graziano Cuberli estende a macchia d’olio questo suo particolare modus operandi allargando sempre più l’area d’azione ad altri ambiti entrati nel suo mirino d’interesse

“Ho dato il via alla serie delle ModulAzioni -spiega l’isontino- perché l’atto di battere la tastiera del computer è prassi oramai capillarmente compiuta da pressoché tutte le persone, in ogni qual dove; chi lo fa a scopo lavorativo, il più delle volte si vede costretto a farlo in maniera modulare, sulla base di un clichè molto omogeneo, ripetitivo, reiterando con costanza le stesse formule; ma anche chi adopera la tastiera per uso personale, come accade puranco nel caso del telefonino portatile, si trova a compiere dei percorsi obbligati, attraverso i quali veicola magari le proprie emozioni od i propri sentimenti, come nel caso degli sfegatati di internet, dove lo chattare nulla altro è se non un cercare nuove forme di veicolazione di sempiterne emozioni; anche la tastiera quindi può assumere profilo positivo o negativo, a seconda dell’uso che ognuno di noi ne vuol trarre”. La tastiera intesa come potenziale intatto della creatività dell’uomo, uno strumento utile ma del quale non bisogna sentirsi schiavizzati, o, peggio ancora determinati

Altro vezzo cuberliano, le carte da gioco. Con esse, in tempi recenti ha aperto altre due finestre cognitive, ovverosia quelle legate ai rebus erotici e quelle che si riferiscono agli Enigmi

“Sebbene in tutti e due i casi -apostrofa Cuberli- io adoperi le carte da gioco per la costruzione di queste mie opere, le finalità di significato e simbologia sono molto distanti, quasi opposte. Nel caso dei Rebus erotici ho preso volutamente di mira tutte quelle tantissime persone radicate ed impantanate nell’estenuante universo del gioco d’azzardo, un universo dal quale nessuno è mai uscito vincitore, poiché esso appartiene alla galassia del nulla, ad un mondo che sembra regolato da leggi molto precise, ma che nella realtà pesca solo negli aspetti più disperatamente infantili ed immaturi dell’uomo, dove pro- babilmente la noia e l’abitudinarietà prevalgono sui versanti costruttivi e creativi. Ho sempre ridancianamente immaginato che i giocatori veri siano quella categoria di persone che hanno sostituito la prassi erotica con quella del gioco, in una sorta di cortocircuitazione di natura pseudo orgastica. Naturalmente questa vuole essere una provocazione bella e buona perché non posso presupporre che si possa sostituire una sana prassi amoroso erotica con qualsiasi altra cosa, anche se debbo ammettere che ognuno possa avere le proprie predilezioni

Per quel che concerne gli Enigmi invece il discorso si fa più sottile, dato che tutte le carte sono poste di schiena, con l’unica eccezione del Jolly, che ogni numero e ogni seme include e sostituisce. Il significato? La vita, con tutte le sue variegate possibilità e combinazioni, le sue scale i suoi assi, più o meno nella manica, da scoprire e congegnare di attimo in attimo, talvolta scoprendole tutte, tal altra lasciandole coperte od inutilizzate”

Non meno peculiari - ed anch’esse ascrivibili alla più recente produzione cuberliana - le opere denominate Civic con l’ultima c scritta al contrario, “per dare subito l’idea del palindromo”. Il palindromo è quella parola che letta al contrario rimane identica

“Nel caso delle opere in questione - specifica l’artista - gioco con i tanti numeri civici che ho reperito nei fondi di un magazzino comunale, facendo sicchè le somme dei numeri, lette in qualsiasi maniera, diano il medesimo risultato aritmetico: un palindromo numerico? Senz’altro, ma non solo. Da millenni si parla del rapporto tra dimensione numerica e dimensione profetica, tra cabala e destino. I numeri ricorrono ai pari di tante situazioni umane che proprio matematicamente sembrano ritornare, giusto per complicare ancora di più la nostra quotidianità, in un intreccio dal meccanismo mostruosamente perfetto ma comunque misterioso. Qui riesco al contempo pure ad estendere il concetto di ri-ciclo, visto non solo come primaria necessità di riutilizzare oggetti non più utilizzati, bensì di entrare nel nuovo ciclo, nella nuova era in cui siamo ineluttabilmente proiettati. Il ciclo inteso cioè nel senso più strettamente vichiano del termine. Civic ci riporta poi a quello che dovrebbe essere il senso civico, di cui oggi più che mai avremmo bisogno, soprattutto in realtà urbane assillate dalla sovrappopolazione, dal traffico e dallo smog, tutte realtà non più sostenibili aldilà di quanto va sbandierando in modo menzognero la classe politica. Se è vero che la parola Civic, in quanto palindromo, la si possa leggere al contrario senza svisarne il termine altrettanto non si può fare con un atteggiamento civico che, perpetuato con modalità contrarie, non sortisce lo stesso effetto sulla vivibilità dei nostri agglomerati cittadini”

Al discorso della vivibilità si collegano le installazioni su tavola che si riferiscono alla città di New York. “l’esperienza da me vissuta in occasione della mia mostra newyorkese mi ha permesso di provare sulla mia pelle l’effetto Big Apple. Ci sono rimasto troppo poco per poterne avere una visione anche solo parziale, ma l’impressione di fondo non poteva essere molto positiva, data la sua babilonicità

Un immane coacervo di strutture architettoniche dove la vita scorre incessante, senza alcun distinguo tra giorno e notte, bello e brutto, buono e cattivo e tutto ciò in quantità e dimensioni abnormi”

Secondo Cuberli la città americana incarna e rappresenta l’apice, lo zenith di un intera civiltà, da cui affiorano tutte le mostruosità e contraddizioni possibili. Una struttura ingovernabile per ampiezza e per complessità dove tutto vi avviene in contemporanea, in maniera caotica e frastornante. “Ritrovo questi sterminati quartieri abbandonati nelle mie Flying New York, dove le viscere dei computers ben ricalcano le topografie della stordente metropoli, in uno straordinario gioco di mimesi in scala ridotta. Le New York viste dall’acqua mi permettono di sottolineare uno degli aspetti visivamente poetici connessi alla città, laddove la fosforescenza vuole indicare e riprodurre l’effetto notte/giorno che la metropoli sembra ignorare: un modo personale per ricordare a svariati milioni di persone la fondamentale importanza dei ritmi naturali appiattiti e snaturati da un modus vivendi molto opinabile”. Senz’altro le New York di Graziano Cuberli si stagliano e si staccano su un piano altro rispetto alle rappresentazioni della città statunitense create od elaborate da tantissimi altri artisti, noti o meno, sebbene si possa cogliere coerenza costruttiva che pur spaziando in ambiti svariati, rimane pur sempre legata alla visione escatologica d’un arti- sta a cui sta principalmente a cuore il destino di una umanità che vive sul filo del tracollo globale e che nei prossimi anni dovrà giocoforza decidersi attorno al proprio destino

Altro simbolo, altra icona maxima del nostro tempo, i compact disc, ovvero i supporti sui quali ognuno di noi riporta il proprio operato quotidiano, attuato attraverso o per mezzo del computer

Anche qui Cuberli si dimostra attento punzecchiatore di modalità diffuse quanto banalizzate dalla loro stessa diffusione

Riflessioni disconnesse, poiché “troppo spesso noto nella gente una sostanziale avulsione nel rapporto tra lingua e cervello, per cui ci si esprime in maniera approssimativa, con troppa leggerezza e superficialità

Il risultato di tutto ciò è una verbosità gratuita, che sovente invece di chiarire le cose tra gli esseri umani, le complica. Abbiamo troppa gente che parla a vanvera, producendo aria fritta, in un crescendo di nevrosi verbale perfettamente inutile”. Il riferimento che fa Cuberli, come sempre tocca uno spettro molto ampio, con implicazioni varie e variate. Da qui la disconnessione, anche perché attuata attraverso il disco, ovvero, per estensione di immagine, perché legata ad un clichè abusato ed ormai logoro (“sempre lo stesso solito disco” sentenzia Cuberli). La riflessione poiché il disco riflette l’immagine, spezzettata, di chi lo manipola. Tale frazionamento diviene indice speculare della schizofrenia comportamentale cui si accennava sopra, con tutte le sue non edificanti conseguenze. L’assemblaggio di questi dischetti porta ad una composita immagine che delinea e sottolinea la complessità del nostro comune vivere contemporaneo

“Con la nuova serie di opere denominate Oltre la Musica” -apostrofa Cuberli- ho voluto rendere doveroso omaggio, sfruttando uno stock di dischi dedicati alla musica lirica, a quanti hanno saputo trascendere la loro condizione di uomini e di artisti toccando nuove vette della creazione. Rimane il rammarico di sapere che purtroppo anche la grande Arte,musicale e non, ben tosto viene ridotta al rango della più bieca spazzatura, insozzando e denigrando l’umana creatività. Dischi che vanno a finire in discarica, con tanto di apparato critico connesso, perché la logica dell’invenduto vuole così. Ma tant’è. Da rigoroso riciclatore qual è Cuberli ha usato le copertine dei cd smessi, onde creare specifici omaggi ai singoli compositori. “Una particolare colonna sonora visiva -pungola Cuberli- tra minimalismo, rabbia e … ironia, perché pur essendo la musica sempre la stessa è ora di cambiarla”

 

Cuberli, that of snails. Cuberli, that of sand papers. Cuberli, that of bottle tops. Cuberli, that of totems. Cuberli, that of film rolls. Cuberli, that of New York. Cuberli, that of phosphorescence. Cuberli, that of esoteric symbols. Cuberli, that of puns. Cuberli, that of… …but, how many Cuberlis? “Fortunately - answered the artist, with his usually ironical and phlegmatic verve, - as far as I know, there is only one Maesoteric Graziano Cuberli, and it’s more than enough… As for the fact that I work on several levels and objectives, it is not amazing, since every work contains the seed, the prerequisite for the following work. And based on the experience of the first, quite often the following work grows and develops by changing into new evolutive shapes, with no interruption but also without forcing rhythms. Constant application develops connections, sharpening sensitivity and intuition at the same time, as well as the skill to grasp the suggestions offered by the world at every turn; and one has to be able to acquire them”

This artist from Romans d’Isonzo usually loves to play on the edge of I see you and I don’t see you. On one hand, his attitude is highly consistent under the operative point of view, but on the other hand, it is impalpably elusive, with a playful and sly ineffability in which everything is in its place, to such extent that the final result never makes up the sum of all addends. In fact, Cuberli loves to penetrate all the aporias (too many) of life and the world. Cuberli said: “In the same way as I don’t look for inspiration, I don’t look for all the aberrations of our magnificent but sad world.We live in the middle of wrong ideas, and we confront them one thousand times a day. As a consequence of all our actions and necessities, my creative manifestations are their natural outcome. However, for me, they ended up assuming a value of apotropaic kind, a sort of alleviative barrier warding off evil, or at least tending to circuì scribe it, through the seed of evil itself

Let’s take into consideration the specific case of my tops (the cycle called, not by chance, Beyond the Opening); whoever has never opened a bottle of sparkling wine, or just of wine? It is one of the most usual actions anywhere in the world … but how many motivations in such gesture! How many implications, either hidden or evident, happy or desperate! The joy for a job promotion, the birth of a heir, but also the suffering of the alcoholic, the solitary practices of the depressed, the brags of young people possessed by films and lots of other things, all of them depending on a sole, simple gesture, on a ritual that is often full of consequences which at times can be dire and tragic. However, it is all there: a little cage, a top, a bottle…and destinies get tangled, in a play of cause and effects which can never be foreseen or estimated in their vastness”

Every top with its own destiny, springing from an assumption and forming an agglomerate with lots of more tops, in a condition of apparent and real objective equality. “If they could express themselves - added Cuberli, - they might as well tell us why they were deprived of their natural function and thrown into the waste basket

Most of the times, that would likely make the feathers fly!”

Apart from that, Cuberli’s interest in bottles has to be pointed out

Bottles are taken into consideration as containers of what the whole mankind mostly need, that is, water, the liquid making up all organic living and existing matter, in the highest percentage.“I have always found it odd - underlined Cuberli, - that the greatest part of mineral water on sale in our markets is sold through plastic bottles, whose effects on our health are clear for everybody. However, every contradiction, when it becomes a collective habit, is accepted as a fact. But the basic aberration remains. The basic and vital element is closed in one of the saddest symbols of our times! I am convinced that in an improbable and far future, our epoch might as well be recalled as the age of plastic”.The art empties are the natural consequence of that. By now, they are full of just the poverty of the material characterizing them, crumpled in their irresolution and maybe placed together with another sinister symbol of our times, silicone

“As for glass - added the artist, - it is a symbol that I love and respect, and I would like to work on it very soon, with the aim of realizing what it might come out if I melted it, liquefied it, or shaped it at random, also to conclude my personal experience around all the opening components”

Step by step, Graziano Cuberli spreads like wildfire his peculiar modus operandi, more and more expanding his field of action into other areas in which he has become interested. “I started the ModulActions series - explained the artist from Isonzo, - because, by now, the act of digitizing the computer keyboard is common practice for all the people, everywhere in the world; most of the times, those who use keyboards for work are forced to do that in a modular way, on the basis of a very homogeneous and repetitive cliché, constantly reiterating the same formulas; but also those who use the keyboard for personal purpose, as also happens with mobile phones, find themselves following compulsory routes, through which perhaps, one fulfils one’s emotions or one’s feelings

For instance, as for Internet addicts, chatting is just looking for new ways of communicating eternal emotions. Therefore, the keyboard can also be understood either in a positive or negative way, depending on how each of us wants to use it”.The keyboard is seen as an intact potential of man’s creativity, a useful instrument which nevertheless must not enslave us, or even worse, determine us

Another habit of Cuberli: playing cards. In recent times, he opened two more cognitive processes with them, that is, cards relating to erotic Rebuses, and cards concerning Enigmas. “Though in both cases - added Cuberli, - I use playing cards for building these works of mine, the purposes of meaning and symbols are very distant from each other, almost opposite. As for erotic Rebuses, I deliberately address the huge number of people rooted and bogged down in the extenuating world of game of chance, a world from which nobody ever came out as winner, since it belongs to the galaxy of nothingness. It is a world which seems to be ruled by very precise laws, but in fact it fishes only in the most desperately childish and immature aspects of man, where probably boredom and routine prevail over creative and constructive aspects. I have always mock ingly imagined that the real players replaced the erotic practice with the game practice, in a sort of short circuit of pseudo orgiastic nature. Of course, this is mere provocation, for I cannot assume it is possible to replace a sound love or erotic practice with any other thing, even though I must admit that anyone can have one’s preferences. On the other hand, as for the Enigmas, the question is subtler, since all the cards are placed by the back, except for the Joker, which includes and replaces every number and every seed

The meaning? Life, with all its various opportunities and combinations, its flushes and aces, be them in the hole or not. Cards are to be shown and assembled every moment, at times showing them all, and other times leaving them face down or unused”

The works called Civic, which are part of the latest production of Cuberli, are not less peculiar.The last C of Civic is written contrariwise, “to suggest the idea of the palindrome immediately”. The palindrome is a word that is still the same if you read it backwards

“In the case of the works in question - specified the artist, - I played with lots of street numbers which I had found in the premises of a municipal warehouse, arranging them in such a way that the sums of the numbers, whichever way one read it, generated the same arithmetic result. Is it a numeric palindrome? Yes, it certainly is. But that’s not all. People have been talking about the relationship between the numeric and prophetic dimensions, between cabbala and destiny, for thousands of years. Numbers recur in the same way as lots of human situations which seem to return exactly mathematically, just to make our daily life even more complicated, in a tangle with a monstrously perfect, yet mysterious mechanism. Here, at the same time, I can also illustrate the concept of re-cycling, not just as a primary need to use again objects otherwise no longer used, but also as beginning of the new cycle, the new era into which we are inevitably projected. In other words, the cycle is intended in the strictest sense of Vico’s philosophy. Moreover, Civic makes us think of what should be our civic pride, which today would be necessary more than ever before, above all, in urban entities tormented by overpopulation, traffic and smog. All those elements are no longer bearable, apart from what the political class is going on displaying in a false way. On the one hand, as palindrome, the word Civic can be read backwards without changing it, but on the other hand, the same cannot be done with the civic attitude. In fact, the latest, accomplished in the opposite way, does not produce the same effect on the liveableness of our built-up areas”

The liveableness concept is connected with the plank installations referring to the city of New York. “The experience which I had during my New York exhibition enabled me to undergo the Big Apple effect directly.The time I spent there was too short for me to shape an even partial vision of it. However, my basic impression could not be very positive, because of the babelish character of this city: an enormous accumulation of architectonic structures where life flows incessantly, with no distinction between day and night, beautiful and ugly, good and evil; and all that in abnormal quantities and dimensions”

According to Cuberli, the American city depicts and portrays the peak, the zenith of a whole civilization, from which all possible monstrosities and contradictions emerge. It is an ungovernable structure by largeness and complexity, in which everything happens at the same time, in a chaotic and bewildering way. I recognize these endless, abandoned districts in my works called Flying New York, in which computer bowels well reflect the topographies of the confusing metropolis, in an extraordinary play of mimesis, in a reduced scale. New York seen from water allows me to underline one of the visually poetic aspects linked with the city, where phosphorescence is meant to point out and reproduce the night/day effect which the metropolis seem to ignore: it is a personal way to remind several millions of people the fundamental importance of natural rhythms, going flat, perverted by a very questionable way of life”

Undoubtedly, Graziano Cuberli’s New Yorks detach themselves and stand out on a different level with respect to the representations of the US city created or elaborated by lots of other artists, either famous or not. It is possible to grasp constructive consistency, though ranging over a wide variety of subjects. The artist, with his eschatological vision, mainly takes to heart the destiny of mankind living on the brink of global collapse. According to him, mankind will be forced to take ultimate decisions about its own destiny in the next few years

Compact discs, that is, the means for recording our daily work, carried out through the computer, are another symbol, another major icon of our times. In this case, too, Cuberli is a careful observer and teaser of this widespread mode, which is also a way to trivialize work through its very diffusion. Reflections are disconnected, since “too often, I notice substantial avulsion in the relationship between the people’s language and brain. Thus, we express ourselves in an approximate way, with excessive lightness and superficiality

Gratuitous wordiness is the result of all that. Instead of clearing things among human beings, often words complicate them. There are too many people talking nonsense, producing a lot of wind, in a crescendo of perfectly useful verbal neurosis”. Cuberli’s argument, as usual, refers to a very wide spectrum, with various implications

The consequence is disconnection, also because it is accomplished through the disc, that is, by extension of image, linked with a hackneyed and by now outworn cliché (“always the same old disc”, stated Cuberli).The reflection comes from the fact that the disc reflects the image, broken into pieces, of the person handling it. Such fragmentation becomes the index of the behaviour schizophrenia hinted at above, with all its non-edifying consequences.The assembly of these discs leads to a composite image depicting and underlining the complexity of our common contemporary living

“Through the new series of works named ‘Beyond Music’ - affirmed Cuberli, - by taking advantage of a stock of records dedicated to opera, I duly wanted to pay homage to all the people who were able to transcend their condition of human beings and artists, touching new peaks of creation. Unfortunately, to my great regret, I know that even the great Art, whether musical or not, is immediately reduced to the rank of absolute rubbish, sullying and disparaging human creativity. Discs, with all the relevant critical displays, end up in the waste dump, because the logic of the unsold is such. But that’s it”. In his capacity of rigorous recycler, Cuberli used the covers of cast-off compact discs with the aim of creating specific works paying homage to single composers. “A particular visual soundtrack - goaded Cuberli, - in between minimalism, rage and … irony, for even if music is still the same, it’s time to change it”

 

 

Graziano Cuberli e le sue "mappe fatali"

L'arte di Graziano Cuberli incarna meravigliosamente il concetto di non arte. Pur avendola definita pittura maesoterica (materia - etere - esoterismo), il nostro ribadisce il fermissimo proposito di starsene fuori da qualsivoglia schiera, conventicola, gruppo od associazione che sia,ciò perchè "la vita la si vive soli, sporadicamente incontrando qualcuno".

WWWPer Cuberli l'opera, di norma, è già pronta: all'artista il compito, spesso improbo quanto ingrato, di cogliere l'attimo più opportuno di ogni raffigurazione, incastonandolo e trattenendolo sulla superficie designata.

Cuberli non dipinge, ma assembla. Cuberli non crea ma capta. Cuberli, piuttosto che inventare, ama disporre le cose esistenti secondo moduli già noti ai cantori alchemici nonchè ai maestri dei silenzi iniziatici. 

Locandina ArtePadova 2002Ogni linea trova una propria naturale ragion d'essere connessa com'è all'occhio/motore primo immobile, ma anche saldamente concatenata al caso che tutto determina ed informa.

Il caso vuole infatti, che le carte di vetro adoperate da Cuberli, siano le carte consunte dall'impiego industriale, che le forgia, le diversifica, le rende "entità uniche, pronte ad interagire, a divenire oltre la loro funzione tradizionale, un giusto reperto d'un gioco cosmico a cui non siamo più abituati".

"Carte Diem", in un sottile vezzo da consumato calembourista, ma soprattutto testimonianze dirette d'un inesausto ed infinito lavoro di rimandi, di ridefinizioni su scale differenti, dell'eterno spirito cosmico.

L'immagine s'annulla, il concetto del colore, dei volumi, delle dinamiche - pur persistendo - perdono il loro senso d'essere per divenire un tutt'uno, inscindibile, incomparabile, quasi ineffabile: le categorie mentali si disperdono in una totalità disarmante. Non c'è alcun punto di riferimento se non l'ESSENZA dell'opera stessa, che mantiene la propria misteriosa unitarietà, avvolta com'è nel sempiterno mistero della creatività umana.

Le mappe fatali di Cuberli stanno là, apparentemente immote, con il loro strano codice aperto e posto a disposizione di chiunque volesse tentarne una propria decodificazione. 

2002 - F. Savadori  (per ArtePadova 2002)

Rapsodia del sommerso

Avevo già sottolineato, nell'ambito d'un intervento precedente, di come il fantasista materico Graziano Cuberli sappia cogliere con mirabile sagacia ed acuto tempismo il particolare momento storico in cui si sta vivendo; di come sappia insinuarsi tra le maglie delle contraddizioni di una civiltà che ostenta e fa propria la cultura "del tutto e del suo esatto opposto", senza d'altro canto  porsi ne dall'una ne dall'altra parte.

Cuberli mira sempre al centro delle cose: pur partendo dall'estrema periferia, pur basandosi su tecniche empiriche - tanto semplici ed artigianali da sfuggire sovente ai manuali del bon ton creativo - riesce sempre nell'intento di riempire gli spazi vuoti del suo alacre immaginifico, connotandoli e tingendoli con la sicura perizia di uno sguardo oltremodo acuto, acuto poiché "preservato da qualsiasi vezzo o cliché accademico".

Occhi che scrutano ovunque non però lo sguardo banalizzato dei grandi fratelli che sogliono occhieggiare senza vedere, in una mendacità di visione poco propizia alle necessità reali dell'uomo; Cuberli pone viceversa queste vitree essenze vedenti proprio nel cuore di grovigli cellulari/vegetali.

Nelle viscere di un polipo che esalta drammaticamente la specularità d'una visione con la quale si fa somma fatica a confrontarsi.

Nel centro dell'anima d'una carcassa ornitologica dalle valenze brutalmente tanatiche. Ovunque ci sia la necessità d'una riflessione attorno alle responsabilità d'un mondo che si sforza a spron battuto, d'essere il più possibile irresponsabile.

Poco importa quale sia la tecnica usata, quale il modo: estrema importanza bisogna dare al messaggio, alla volontà di riconciliare con i simboli, da sempre sostegni basilari per quanti desiderano arrivare allo sguardo supremo, a quel terz'occhio a cui Cuberli ammicca senza sosta, acciocché l'arte avvicini l'uomo a se stesso, sia motivo di ricerca introspettiva, più che non espressione d'una realtà cartapestacea già massicciamente diffusa nel nostro triste e svilito consueto quotidiano.

2001 - F. Savadori

 

Maesoterica

"Non cerco mai l'ispirazione - afferma Graziano Cuberli - poiché essa trova me, ponendomi tra le mani un rotolo di nylon piuttosto che un cartoncino o una cassa della frutta".

In Cuberli, il processo creativo nasce da una contingenza, dalla sovrabbondanza d'una società sprecona che , in virtù di un atteggiamento astruso "da adito ad infinite fonte di ispirazione".

Nello scarto, nel rimasuglio industriale , nell'elemento sintetico Cuberli Trova la propria ispirazione per "una sacralità più che mai agognata, una sacralità che vorremmo vicina ma che è di difficile reperibilità, proprio perché contenuta e coglibile in ogni qual dove".

L'urgenza espressiva di questo schivo fantasista materico non può conoscere barriere espressive, non vuole creare corsie preferenziali per una tecnica, per un materiale, per un soggetto anziché un altro.

"Sono del parere - sostiene Cuberli - che il nostro periodo storico abbia trasceso ormai anche il concetto di decadenza post-industriale e che si sia arrivati per uno strano gioco di progresso/regresso, ad uno stadio di neo-virginità creativa: cadute le barriere del figurativismo, della dissoluzione dell'immagine, così come quelle della concettualità più radicale, ormai possiamo tranquillamente riconciliarci con una sorta di primitivismo nel quale ogni frammento oggettivo contiene i presupposti per una elaborazione artistica.

Cuberli assemblatore, divertito animatore di materiali inerti, difficili da trattare poiché all'apparenza mancanti d'anima.

E' difatti arduo pensare al silicone come ad un veicolo di calde fragranze emotive, ovvero al rotolo di cellophane nel ruolo dissacrante di tumide e buffe labbra umane, od ancora al dischetto CD inteso come coerente incarnazione della luce e della conoscenza trascendente ed immanente del Divino: eppur si muove ... eppure si sente che c'è un continuo inesorabile riferimento all'elemento superiore, in una concatenazione simbolica senz'altro basata sovente su un espressione ancora acerba, mancante di una compiutezza formale, ma già pregna di indirizzo e di significato, già instradata verso un umanismo teso alla riappropriazione totale dell'elemento emotivo, di quello comunicativo diretto e sincero "aciocché la solitudine dell'uomo sia la meno atroce tra quelle possibili".

2001 - F. Savadori